30 novembre 2020
Nonostante un bambino neofobico sia spesso motivo di preoccupazione per i genitori, per superare il rifiuto di un nuovo cibo è fondamentale riproporlo con grande pazienza.
I bambini lo accetteranno dopo una serie di esperienze ripetute: ne sono sufficienti 5 o 6 per bambini intorno ai 6-7 mesi, mentre ne servono anche 10-15 per bambini di 2-5 anni – nel momento cioè in cui la neofobia alimentare raggiunge il suo picco. L’importanza delle esperienze ripetute sull’accettazione di un nuovo cibo è stata osservata anche nelle scimmie, per cui sono necessari circa 10 incontri con un nuovo cibo perché ne mangino una quantità simile a cibi già presenti nella dieta. Sembra essere pertanto un fenomeno fortemente radicato nella nostra storia evolutiva. Ma qual è la sua funzione? Come abbiamo visto in un post precedente, la neofobia – cioè l’evitamento dei cibi nuovi – è un meccanismo di protezione contro l’ingestione di cibi potenzialmente tossici. Tuttavia, la neofobia va gradualmente superata per permettere l’ampliamento della dieta, di fondamentale importanza per animali onnivori, quali noi siamo. Le esperienze ripetute con un nuovo cibo, di cui vengono consumate via via quantità maggiori, sono importanti perché l’organismo “verifichi” che la sua ingestione non sia seguita da disturbi gastrointestinali. Qualora vi siano nausea e vomito, da allora in poi quel cibo sarà evitato. Questo potentissimo meccanismo prende il nome di “apprendimento di avversione alimentare” (food aversion learning in inglese) e può verificarsi con qualunque cibo, determinando idiosincrasie anche per cibi precedentemente molto graditi. Pertanto, sono necessari molti incontri con un nuovo cibo perché vengano escluse le conseguenze negative della sua ingestione e ne vengano invece apprese le qualità positive. Ma come? Lo scopriremo nel prossimo post.